Non
fumava.
Niente sigaretta negligentemente avvoltolata in cartine da poco
prezzo, con i fili di trinciato forte che rimangono ostinatamente
appiccicati al labbro dalla piega amara; niente pipa annerita, dal
bocchino consunto, stretta fra dita affusolate di aristocratica
grazia; niente sigaro cubano morso nervosamente tra chiostre dentarie
sfavillanti di canini rapaci.
E
non beveva.
Nessun calice esile ottenebrato dall’ambra fragile del Marsala.
Nessuna coppa panciuta lambita dai flutti suadenti dell’Armagnac.
Nessun cristallo corroso dall’urto poderoso della grappa, né
insanguinato dalla musica lusitana del Porto.
Neppure indulgeva ai piaceri della carne.
Aborriva le mediterranee, levigate come pietre di baia, sinuose e
labirintiche, ombre di persiane e sfavillio di cicale. Disdegnava le
celtiche, funi avvolgenti di trecce muschiate, vigore latteo ed
improvvisi bagliori, acciaio che trapassa. Ignorava le balcaniche,
zigomo fiero e vento di steppa, seta ed aloe turca, magnificenza di
ombelichi velati.
Non
si può dire che amasse la buona tavola.
Niente sapeva di madreperlacee valve abbandonate su cristallini letti
di alghe, ostriche atlantiche mistero di scogli. Nulla assaporava di
corazzati granchi, meraviglioso ventre salmastro, né di aragoste ed
astici, scolpiti in gelatina baluginante. Mai si perse in vapori
vigorosi di minestroni longobardi, effluvi di orti, né di terrine
trepide di burro, né di bolliti fumanti in bisbetici pentoloni.
Mai conobbe lo sciroppo ambiguo del mirtillo riposare sui filetti
corruschi del cervo, né la vaniglia raggelata da coltri
invernali di panna, salvata dalla colata lavica del
maraschino.
Non
suonava.
Niente dita leggiadre ad accarezzare veloci e pudiche i tasti
del piano. Niente labbro che preme sull’argentea onda del flauto, né
polso che domina l’arcobaleno sui venti di tempesta del violino.
Niente artigli di strega che rubano dolcezze carnali alla chitarra,
infida andalusa, né mani leggere ad allungarsi per afferrare le
fuggevoli note di tenebra del contrabbasso.
Niente di niente.
Impossibile scriverci un racconto, scusatemi.
Carlo Piz
|